Tra un "no, grazie" al marketing e una carezza al territorio, il menu di Luca Mastracci mostra sempre una chiara impronta agricola, generando connessioni umane dal campo allo spicchio. Preparatevi, quindi, a mordere una lasagna fritta o assaggiare una "cinque formaggi" di sorprendente equilibrio. Ma sappiate che qui i trend non entrano: da Pupillo la pizza è una cosa seria.
La storia
Esistono ancora posti dove la pizza non è un cerchio che si chiude lasciando tutto il mondo fuori. Posti dove non trovi la Fiori e alici ogni mese e nemmeno quel Gambero di Mazara sepolto da infinite scie di stracciatella. Bisogna cercarli, spesso lontano da un'arteria trafficata o a svariati chilometri dal centro città. Il premio? Quando ci arrivi ti gusti una storia dal finale aperto, perché sai già che ogni volta prenderà una piega diversa. È la bellezza di essere liberi dalla catena di montaggio dei topping riprodotti in serie, oppure dal trend dei maxi-bordi gonfi di chimica.
Luca Mastracci ha scelto di abbracciare questa piccola rivoluzione silenziosa fatta di strette di mano agli artigiani e menu al servizio del raccolto, in una cittadina a un'ora e mezza da Roma che di eccellenze ne conta diverse, ma in cui (fino a poco tempo fa) mancava una vera pizzeria di ricerca. Iniziamo dalle coordinate: Frosinone, locale sempre full e un registro di clienti che spazia dalla comitiva under 16 all'estimatore errante.
Luca, in realtà, debutta con una prima insegna a Priverno, borgo di 14.000 anime in provincia di Latina, per poi metter su un'officina degli impasti (Pupillo Pura Pizza) che con gli anni ha forgiato il capoluogo, seminando cultura insieme a casari, agricoltori e allevatori pronti a difendere -oltre a raccontare- il proprio territorio. "Siamo popolari, non gourmet", ci dice a cena, davanti a una lasagna fritta che fa girare i vicini di tavolo solo per il profumo. E ha ragione.
Lungi da noi pensare che il termine "gourmet" abbia un'accezione negativa (la ricercatezza, intesa come studio sul cibo, rimarrà sempre un valore aggiunto); la sua tonda, però, crea connessioni fra persone lontanissime, generando una complicità umana che parte dal campo e converge in uno spicchio ultralocale (e viceversa). Di più: il discorso scavalla la pizza in sé per sé. Man mano, infatti, Luca ha tolto un dito di polvere da prodotti semidimenticati -vedi la Falia di Priverno, lievitato unico nel Lazio, o la "Ciammella cresciuta" tipica del periodo natalizio- dimostrando che il futuro si nutre di memoria, oltre la fame di novità della concorrenza agguerrita.
L'escalation di riconoscimenti, dal Gambero Rosso a 50 Top Pizza (nel 2021 fu eletto miglior giovane pizzaiolo d'Italia) ne ha accresciuto via via la tenacia, così ora siamo qui. A capire cosa c'è dietro il workout di sfornate e la vita di un trentenne innamorato del mestiere.
La pizzeria
Entri e trovi il locale già in fermento, a meno che tu non sia arrivato alle 19. Il colpo d'occhio capta subito la squadra trepidante sul lato opposto alla porta; energia palpabile nonostante la discreta distanza in linea d'aria. All'ingresso c'è il saluto di Paola, lieve presenza in sala pronta a fermarsi per una chiacchiera "rompighiaccio" persino nel tran-tran del sabato sera. Il servizio se ne sta a suo agio in una modernità sciolta ed essenziale: poche distrazioni, focus totale sul cibo e un fitto intreccio di voci mescolate a morsi voraci.
Tra un "no, grazie" al marketing e una carezza all'ecosistema, il menu mostra sempre una chiara impronta agricola, marcata a fresco dal viavai di primizie: oltre al remix di successi pop che fanno ruotare a turno i dischi d'impasto (dalla Broccoletti e salsiccia alla Scarola e acciughe), Luca crea tutta una serie di armonie "sperimentali" in tinta con l'orto (radunate, non a caso, sotto la voce "Pupillo Lab"), impiegando quasi esclusivamente i vegetali reperibili al momento.
Unico mantra: "Dietro il prodotto non c'è un fornitore X fatto di date, elenchi e prezzi. Dietro il prodotto c'è una persona che conosco e che ringrazio, perché mi consente di trasformare una materia prima pazzesca. Da Fattoria Lauretti per le carni al Caseificio Cinque Stelle per i formaggi di bufala, fino al Prosciuttificio di Bassiano con le sue salsicce secche e i guanciali".
Per chi se lo fosse chiesto, il discorso si estende anche al beverage, con vini -spesso naturali- provenienti da piccole aziende virtuose, complice una cantinetta in progress che sfida la classica accoppiata pizza-pinta (sebbene la selezione di birre non sfiguri, e resti pur sempre la prima scelta per il pubblico di zona). Ma veniamo al dunque: che tonda si mangia da Pupillo?
La pizza
Difficile infilarla in una categoria precisa. Bordi ariosi appena velati da piacevoli accenni crock, base morbida e insieme sostenuta: qualcuno la chiamerebbe "napoletana contemporanea"; noi crediamo sia arduo etichettarla su due piedi. Volendo esser tecnici, "impiego un mix di farina 0 e 00 di Molini Fagioli per realizzare un impasto diretto con circa 30 ore di lievitazione. Dischi flosci e privi di struttura non sono nel mio stile, quindi in forno tengo la fiamma bassa, usando tanta brace".
Tradotto: zero shock termici e niente estremità di gomma. I cornicioni sono di quelli che lasciarli nel piatto è pura blasfemia. Dall'esterno al centro, la fetta sostiene a dovere il peso di ricette identitarie, dove la tecnica c'è ma non scalfisce la genuinità d'insieme.
A condirle d'inventiva, qualche stratagemma e un pizzico di brio. Vedi la cicoria completamente priva di sale, "perché voglio emerga il carattere di una verdura con picchi graffianti di amarezza, che danno una scossa alle papille nel vivo della degustazione". Del resto, Luca non ruba l'anima all'ortaggio tuffandolo in acqua bollente. "Piuttosto, seguo il metodo old school: lo cuocio direttamente in padella, con l'aggiunta ad effetto del pepe lungo di Java, che sa quasi di lemongrass" (al pari degli oli, ogni lievitato di Pupillo prevede l'abbinamento con spezie diverse, cosicché -ad esempio- nel calzone ricotta e provola finisce un pepe meno agrumato e più secco, ndr).
L'esito? Fra i nostri gusti-rivelazione del 2024. A colpire è in primis il girotondo innescato dalla cicoria con le nocciole a tostatura spinta, che ne riprendono in corsa il finale pungente; poi il tocco comfort: salsiccia di bufalo e fiordilatte freschissimo in uscita. Altri must? Fermi tutti, ora torniamo sui fritti.
Dentro il supplì una doppia sorpresa: Luca vi inserisce il pomodorino secco in tandem col basilico. È qualcosa di "suo", un segno particolare che svecchia l'identikit dell'antipasto sempre uguale a se stesso, complice la scocca spessa il giusto e mai intrusiva. L'upgrade arriva, tuttavia, con la già citata lasagna panata. Come unire in un boccone l'opulenza della pasta al forno e la goduria del fritto, qui "ottenuto a partire da uno strato fine di pangrattato per non sovraccaricare il rivestimento esterno". Così spicca netta la torre di sfoglia "a cinque strati". Questa è a sua volta composta da un ragù di bufalo "speziato con anice, per una ventata di aromi che strizza l'occhio alle nostre tradizioni".
Manca ancora all'appello la "Quattro Formaggi". Da Pupillo, a dire il vero, sono cinque: fonduta, mozzarella, treccia, ricotta e grana di bufalo, sorprendentemente leggeri nella loro alchimia cheesy. Di fatto stai addentando un pezzo di sapienza casearia, in cui ciascun elemento completa l'altro e rifinisce l'insieme. Sopra, basilico e ciuffetti di marmellata di agrumi by Fattoria Vetuscolana (azienda coinvolta in progetti sociali di spessore per l'integrazione lavorativa di ragazzi diversamente abili e donne vittime di violenza domestica): due inserti vivaci che puliscono la mandibola quando meno te l'aspetti, sfatando il mito del "carico lattico" imponente.
Anyway, c'è addirittura chi viene a Frosinone solo per il Trancio dolce ricotta e visciole. A noi è sfuggito, finora, perché dopo una tonda intera ordiniamo regolarmente la pizza fritta ricotta, guanciale e provola, con buona pace delle occhiate sornione ai tavoli vicini. Sai com'è, in fondo va bene così: abbiamo già un'ottima scusa per tornare.
Contatti
Pupillo Pura Pizza
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